L’altra settimana mi è caduto l’occhio sul trailer ufficiale di “Last Christmas” con protagonista Emilia Clark, quella che ha fatto il barbecue di Approdo del Re in GOT 8. E’ stato agghiacciante…per il contenuto? Niente affatto, sembra la solita commedia di sta cholla dai buoni sentimenti come ne sfornano migliaia in tutto il mondo durante il periodo natalizio.
Il problema è che dura 3 minuti ed ho visto l’intero film. So come inizia, come si sviluppa (con un snodo di trama a ¾) e so come finisce. Ancora prima di vederlo, conosco lo sviluppo di tutti i personaggi, protagonista compresa. “D’accordo ma è una commedia”, ribatterà qualcuno, “sono tutte uguali quindi non c’è problema”.
Eppure il problema persiste perché, se anche fossi stato interessato, adesso non andrei più al cinema a vederlo. Ho perso l’interesse perché quel trailer è un enorme spoiler. Ma ormai appare pratica comune che un film in uscita debba essere SPOILERATO nel trailer. Quindi mi sono chiesto perché si sia arrivato a questo.
Il primo dubbio da sciogliere: richiesta del pubblico o volontà delle produzioni? Solitamente darei la colpa ad entrambi ma in questo caso è totalmente del pubblico. Banalmente perché le produzioni hanno tutto da perdere nello svelare il loro trucco prima che venga messo in scena.
Di conseguenza è una necessità di marketing. Quindi il pubblico mainstream, quello casuale, si attira esclusivamente in questo modo. Se ce ne fosse un altro, le produzioni lo avrebbero adottato. La verità è che lo spettatore mainstream, casuale, medio (chiamatelo come vi pare) non ha più pazienza.
Io NON sono quel tipo di pubblico e vi spiego come fruisco io dell’opera cinematografica: non guardo il trailer, scopro che quel tale regista dirigerà quel genere di film con un dato attore che mi piace, e senza informarmi sulla trama o sul romanzo da cui è tratto vado a vederlo. Un tentativo alla cieca, quasi un atto di fede e quante sorprese, positive e negative!
Loro, il pubblico mainstream, fanno l’esatto opposto e si informano su qualunque aspetto. Ascoltano e leggono le recensioni di esperti, che loro ritengono tali, che danno opinioni e previsioni prima che il film sia uscito. In seconda battuta, quasi vergognandosi di fare una scelta, attendono che tutti i loro amici siano presenti in una data ben precisa e non procrastinabile.
Queste manovre li rassicurano del fatto di essersi informati a dovere, e se il film non piacesse non sarà colpa loro. Si lamenteranno che non possono “buttare 10 euro così”. Però due ore dopo pagano 50 euro e più per ubriacarsi e vomitare nel cesso di un locale…
Fino agli anni 90’ non esisteva questa logica, il pubblico casuale seguiva il mio stesso percorso: si vestiva, parcheggiava ed andava al cinema per vedere il film che dalla locandina lo convinceva di più. Quindi lo spettatore mainstream non ha più pazienza. Le ragioni sono essenzialmente due.
1)SOVRAESPOSIZIONE DI PRODOTTI LUDICO-VISIVI
Siamo in una decade affogata di prodotti visivi. E se da un lato lo streaming dilaga, attutendo anche il pirataggio con pacchetti convenienti di centinaia di prodotti immediatamente usufruibili, dall’altro allontana lo spettatore dalla sala. E’ un evidenza statistica come a parità di situazioni, fra vedere un film in streaming a casa o in sala cinematografica, si rimanga sul divano.
Del resto è comprensibile, ma il punto è che il potere di scelta e il risparmio di tempo che il servizio di streaming concede allo spettatore lo vizia in una dimensione errata di Cinema. La sala nasce come spazio di aggregazione, allegoria di Evento a cui bisogna dare importanza.
A prescindere dal fatto che lo schermo, ingigantito rispetto a quello di casa, permetta di valorizzare il lavoro del dettaglio della troupe: dallo scenografo e l’attore, passando al direttore della fotografia per concludere al regista.
In questo e altri sensi bisognerebbe citare “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica” di Walter Benjamin, ma eviterei in questa sede. In aggiunta, il mondo videoludico si sta sempre più avvicinando a quello cinematografico, almeno nella qualità tecnica perché in quella narrativa la divergenza rimane strutturalmente mediale.
Di conseguenza lo spettatore medio, impreparato, si sente sazio e confonde un film da una serie tv o da un videogioco con una trama. In questo senso le produzioni, piccole o grandi, non aiutano di certo, soffocando il consumatore al pari del trattamento della pubblicità. Quest’ultimo asserzione mi connette direttamente alla seconda ragione.
2)NESSUNA PREPARAZIONE CINEMATOGRAFICA
Banalmente tutto questo vespaio potrebbe risolversi qualora lo spettatore medio avesse un qualche gusto per il Cinematografo. In mancanza completa di preparazione (non sto dando giudizi morali) lo spettatore è come un bambino spaesato. Capitò anche a me: il primo anno del Dams fui “costretto” a dare un esame di 12 crediti sulla musica classica.
Fino a quel momento l’aveva trovata detestabile perché mi pareva astrusa. Dopo un paio di lezioni, con le giuste spiegazioni e i concerti obbligatori da seguire, ho incominciato ad amarla. Quindi comprendo la difficoltà di molti ad appassionarsi al Cinema, perché bisogna studiarne la grammatica e tutte quelle regole, che negli anni sono evolute e hanno portato a questa stessa contemporaneità.
Lo spettatore medio è inconsapevole del valore che gli passa davanti, perché non possiede un metro di giudizio valido. I capolavori “popolari” solitamente vengono apprezzati all’unanimità, ma solamente perché strizzano l’occhio anche a loro. Il “Titanic” di James Cameron non mi ha mai fatto impazzire ma è un ottimo film e chiunque se ne può accorgere.
Eppure senza la storia più vecchia del mondo, “Romeo e Giulietta”, quel film non sarebbe piaciuto ai molti. Lo stesso vale per “Pulp fiction” che ha il merito di stravolgere l’idea narrativa del cinema con questo montaggio a dir poco rivoluzionario, eppure il grande pubblico ricorderà i monologhi e i personaggi sopra le righe, interpretati del resto da eccellenti attori.
Quindi come si premuniscono le produzioni per incassare bei dollaroni in un periodo artisticamente povero come questo? Simultaneamente puntano su una storia più basilare possibile, archetipi svuotati di qualunque meraviglioso paradosso, e sull’ambito visivo con la CGI.
Gli effetti speciali stanno sovrastando qualunque decisione: non solamente nei film di genere fantasy o horror, dove sono necessari, ma anche nei generi classici. In diverse scene quanti luoghi apparentemente realistici sono stati fatti al computer? Quanti “trucchetti” sono stati fatti in CGI per risparmiare tempo?
Lo spettatore mainstream è dipendente da questa qualità visiva e quando si imbatte in film precedenti agli anni 2000’, anche opere assolute, non li accettano più e li evitano come la peste.”Ma non è 4k!”, diranno. “Non mi piace, non è bello come quelli della Marvel” li sentirai lamentarsi.
Paradossalmente hanno perfettamente ragione: per loro il Cinema è CGI, quelle splendide immagini posticce e la trama verrà sicuramente dopo. Ciò mi spezza il cuore perché il Cinema vive prima di tutto di Storie. Ecco, siamo tornati al punto di partenza: perché la produzione di “Last Christmas” ha pubblicato un trailer di 3 minuti che mi ha spiegato l’intero film?
La trama non conta più un c*zzo di nulla e lo spettatore non vuole più sorprendersi, nonostante abbia la fobia degli spoiler. Quindi il saggio Synergo ha perfettamente ragione quando tratta l’argomento in uno dei suoi video più profondi “ Un podcast sullo spoiler“.
C*zzo, se c’ha ragione…
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