(SHYAMALAN, 2017)
Nonostante Kevin(James McAvoy) abbia svelato 23 personalità al suo psichiatra, ne rimane un’ultima, ancora sepolta, che ha tutta l’intenzione di sopraffare le altre. Costretto a rapire tre ragazze, Kevin cerca di sopravvivere ai suoi molteplici sé e a chiunque lo circondi, mentre le barriere tra le sue varie personalità cominciano a crollare”.
Non potete comprendere cosa abbiano suscitato queste parole in me…e come potreste? Per tutta la vita ho cercato un film dedicato ad un individuo affetto da disturbo dissociativo dell’identità, sottolineo un film e non un prodotto di divulgazione scientifica. Qualcosa che gli si era avvicinato, con le dovute differenze, era stato “Pigreco o PI”, in italiano “Pigreco, il teorema del delirio” di Darren Aronofsky.
Lette quelle poche righe compro il dvd a scatola chiusa, senza aver mai visto un trailer e senza sapere nulla del film. Recita McAvoy, uno dei più talentuosi attori in circolazione, il film è scritto e diretto da Shyamalan, il tale di quel mezzo capolavoro di “The village”. Cosa può andare storto?
Split è una pellicola della durata di 116 minuti con protagonista McAvoy nei panni di Kevin Wendell Crumb che racchiude dentro di sé 24 personalità. A partire da quesi presupposti, in quante scene dovrebbe comparire il protagonista? Tutte le scene, esatto! Il soggetto parla di questo, di lui che non è mai veramente lui, metafora dei rapporti sociali e delle maschere che dobbiamo sfoggiare con le conseguenti bugie con cui dobbiamo affogare chi ci sta vicino.
Un tema ancestrale fin dalla maestosa antichità pagana ed ellenica, fulcro della filosofia sofista e del teatro greco, che si è protratto per l’intera storia dell’umanità passando dalle menti folli e fini di Baudelaire, Woolf, Wilde, Dostoevsky, Pirandello, Nietzche e moltissimi altri.
Allora perché META’ DEL FILM viene dedicato alle tre ragazze prese in ostaggio?
Kaghemusha ma è semplice…il regista vuole sottolineare la centralità del protagonista, celandolo, mostrandolo ad intermittenza così da sorprendere continuamente lo spettatore, così da marcare la differenza.
Ovviamente, come ho fatto a non pensarci…ma andate a farvi ammazzare in Medio Oriente.
E io che pensavo che il film si soffermasse sulle 24 personalità, che naif che sono. Se ne mostrano solo cinque, e le prime quattro non vengono neanche approfondite! Le altre 19 che fine hanno fatto? Hanno vinto una crociera per il mediterraneo?
Credevo realmente che questo filmetto potesse diventare un capostipite di una nuova corrente cinematografica. Un autore che riesce ad esplorare l’inferno della mente umana, saltando da una personalità all’altra e aggredendo i preconcetti del pubblico generalista. Un lungometraggio d’autore che si apra al grande pubblico, che lo educhi a qualcosa di più dei “superpoteri” e degli stereotipi di genere. Avevo fede che con questa tema si potesse sfondare il muro del commerciale ed entrare nella storia del Cinema.
Non fraintendetemi: l’atmosfera e la scenografia sono avvolgenti e riprendono quelle di Unbreakable, l’interpretazione del ruolo da parte di McAvoy è da statuetta e Anya Taylor Joy recita talmente bene da chiedermi perché ci siano gli attori cani in giro per il mondo. Il problema sta nel soggetto e nel suo sviluppo. Si può chiaramente dividere la pellicola in due tronconi: fino al minuto 86 e dopo il minuto 86.
La seconda parte si apre con la scena nel vagone, dove “the beast” viene fuori per la prima volta. Questi venti minuti rasentano la perfezione.
E’ un tripudio di emozioni che ti scoppiano dentro, che si impossessano dei tuoi pensieri, perché anche tu vorresti essere “la bestia”, anche tu vorresti liberarti dalle catene delle sovrastrutture della società. A fronteggiare la bestia non c’è una ragazza comune e peccatrice ma c’è lei, un’anima che ha molto sofferto e per questo è sulla via della purezza…
Ma riguardo la prima parte: cosa ne penso dei primi 86 minuti?
Il nulla cosmico, un ammasso di scene affiancate senza una programmazione. Il protagonista è un folle dalle 24 personalità ma il film si sofferma sugli urletti delle ragazze in ostaggio e dei loro futili discorsi. Si mostrano le sedute fra Kevin e la psichiatra ma sono troppi brevi e sterili.
Shyamalan ci mostra delle “cose” che dovrebbero approfondire il personaggio ma che negli effetti hanno il solo scopo di impressionare più che destabilizzare e istruire il pubblico. La più grande delusione della pellicola è come il personaggio di Kevin Wendell Crum, personalità comprese, non venga analizzato nella sua umanità, nel realismo della sua mente eccezionale e in un dato momento Shyamalan decide di barare e lo rende un cazzo di supereroe!
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Shyamalan non ti perdonerò mai.
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