Che cos’è “Parfum?”.
Narrativamente è impossibile rispondere, sarebbe meno complicato dire quello che non è. Il romanzo di riferimento, “Profumo” di P.Suskind, non può che agevolare un lavoro di dolorosa introspezione ma dobbiamo dare numerosi meriti alla sceneggiatrice. Attorno alla nota vicenda di Jean-Baptiste Grenouille, l’esteta che uccideva per ricreare il profumo che lo facesse amare incondizionatamente, Kranenburg costruisce un thriller crudo e cinico dove non c’è spazio per le le convenzioni.
La produzione di questo film allungato(sei episodi da circa cinquanta minuti) è tedesca e lo spettatore lo percepisce chiaramente sin dalle prime scene: recitazione dura e minimale, fotografia crepuscolare e sceneggiatura essenziale. Una messa in scena che fa male.
La trama accentra immediatamente l’attenzione sull’omicidio di Katharina, ma è evidente come sia il pretesto per schiudere il dolore di tutti i personaggi che valicano la scena. Nessuno è esente, dalla figlia della vittima che apre il film per poi sparire, fino al padre di Helena che conta al massimo sei scene negli ultimi due episodi.
Mi sono innamorato di questa narrazione che nega completamente l’esplicito, con un coraggioso utilizzo del montaggio delle attrazioni, e si riversa con violenza sull’implicito, metafora del dolore stagnante di una sopravvivenza che non deve mai mai palesare la sua condizione. In questo senso l’interpretazione di Friederike Becht, nei panni di Nadja Simon, è da premio internazionale.
Raramente ho visto un attrice toccare un range così ampio di emozioni in uno stesso ruolo: cinismo, passione, dolore, amore, follia, disperazione, sicurezza, vanità e arroganza, saltando da una all’altra con un realismo e una profondità prepotente. Nonché gli altri attori sfigurino perché sono tutti bravissimi, comprese le tre bambine che irrompono e svaniscono dalla storia, come simbolo di un’innocenza tenace ma perduta.
Chi ha ucciso Katharina? Chi l’ha aperta chirurgicamente all’altezza del pube e delle ascelle prima di rasarle la testa? Un maniaco sessuale? Un amante respinto dalla ninfomane cantante?
Lo spettatore è confuso: l’assassino è una persona vicina alla vittima o è un estraneo? Alcuni indizi puntano in una direzione ma altri in quella opposta. Il caso viene affidato alla polizia tedesca che si avvale della consulenza della criminologa Nadja Simon, sguardo profondo e schivo, una donna che farebbe congelare un orso polare.
A questo punto la sceneggiatura osa e vince una scommessa; spesso e volentieri abbandona la trama principale, che emana malsano da tutti gli orifizi, per affiancarla alle storie anch’esse malsane degli altri personaggi. Tutte queste trame o sottotrame, quali sono le prime o quali le seconde?, sono putride e nocive e ti fanno rimanere attaccato alla storia.
E’ come trovarsi sotto gli occhi una carcassa morta, te ne vorresti staccare eppure ti avvicini. La visualità del comparto tecnico ti inietta una morbosa depravazione con una regia sfuggente e con un montaggio che si sofferma sulle situazioni, solo per ritrarsene all’ultimo, come il monito della verità che fugge. Si potrebbe attaccare la Kranenburg di sorrentiniani virtuosismi e invece no; per fare luce sull’omicidio alterna il presente a meravigliosi flashback d’infanzia di Katharina e dei suoi cinque amici, tutti sospetti fin al midollo.
Thomas, Helena, Roman, “Sdentato”, Moritz sono anime marcie, colpevoli di aver voltato le spalle alle convenzioni della società, disperati ognuno al loro modo e per questo riunitosi in una setta segreta. Ma i loro rapporti sono nati nel disprezzo: Helena ha conosciuto i suoi “amici”, fra cui il suo futuro marito, perché è stata stuprata ripetutamente da questi, Thomas e Roman sono in lotta da tutta la vita per il cuore di Katharina, anche dopo la sua morte.
Moritz ha sempre tenuto le distanze per un’imperitura superiorità intellettuale, Helena è sempre stata amata da” Sdentato” ma ha scelto di sacrificare la propria dignità per un marito che se l’è presa come rimpiazzo di Katherina, l’artista libertina che non è posseduta se non da sé stessa.
Le indagini della Simon e del corpo di polizia, guidato dal procuratore Grungberg, non sono affatto semplici.
I sospetti compaiono come funghi, esattamente come gli uomini che hanno eiaculato sul materasso della vittima. Eppure tutto l’apparente caos narrativo in realtà è un perfetto gioco di equilibrismo tenuto insieme dalle vicende personali di Nadja Simon, che considero a tutti gli effetti la protagonista della serie.
Ha una relazione ardente con il procuratore Grunberg che però non vuole lasciare la moglie per lei. E con una pennellata d’autore, la sceneggiatrice in tutto l’arco narrativo riesce a far combaciare lo stato d’animo di Nadja con quello del tono del film, supportato da precise direzioni di trama.
Che meraviglia quest’Arte che si scioglie in bocca, come una pulsione che si conclude nella violenza dell’orgasmo…
Ma non importa come il presente si dipani nelle decine di sfaccettature, le ragioni dell’omicidio di Katharina si trovano nel passato. I flashback, episodio dopo episodio, diventano evocaticamene feroci e galoppano a briglia sciolta contro lo spettatore. Quindici anni prima quale connessione c’era tra il cane morto e la scomparsa di Merten, un compagno del collegio di St.Lawrence? Sarà vero che Sdentato non ricorda nulla dei 5 giorni in cui è stato rapito, in quello stesso periodo? Perché nessuno dichiara di sapere niente ma tutti si comportano da colpevoli?
Improvvisamente la storia sboccia come un fiore e i petali degli inganni ci mostrano l’ovario, il tema centrale del Profumo. Il riferimento al titolo dell’opera, e quindi al romanzo di Suskind è preponderante: i sei giovani membri della setta leggendo il romanzo studiarono il procedimento di Jean Baptiste Grenouille che estraeva i profumi dal corpo umano.
E io che la mia massima ambizione a tredici anni era giocare a pokemon giallo…
La domanda conseguente: chi era talmente ossessionato da far pratica su un cane e un bambino? E siamo sicuri che questo, o questi, siano gli stessi assassini dei tre delitti del presente? Per via di questa struttura la sceneggiatura annulla l’unica critica che avevo fatto nelle prime puntate; nonostante si sapesse come l’assassino avesse abilità medico-chirurgiche non si ci era mai soffermati sulle professioni dei personaggi. Perché evidentemente tutti possono averlo imparato nello stesso modo, anche se Moritz fa il profumiere usando quello stesso procedimento ma senza mietere vittime.
E’ sospetto, forse troppo per un thriller…
Lo spettatore va a tentoni, si perde nel labirinto dell’omertà di questi peccatori orgogliosi, con un ciclo infinito di dolore ed egoismo che viene spezzato solo dalle storie tenere di bambini, uniche vittime di questa infantile faida fra adulti. L’intro del quarto episodio è straziante: da tutta la vita Elsie viene ignorata dalla madre Pearl, prostituta nel bordello di Thomas, che fa assistere alla figlia a una vita dissoluta di sesso e violenza. L’unico momento in cui Elsie riesce ad abbracciare la madre è quando cinge con amore il suo cadavere freddo e aperto dall’assassino di Katharina. La bambina supplica Thomas di prendersi cura di lei ma il proprietario del bordello a malincuore la rifiuta.
Il tema della fuga dai genitori biologici e della necessità dell’amore di uno sconosciuto sarà un ricorrenza fondamentale, una tappa obbligata per quasi tutti i personaggi sulla scacchiera.
Il culmine viene toccato dalla coppia Helena-Sdentato che uccidono un bambino pur di acciuffare una striscia di felicità. Fermiamoci un momento su Helena: per tutti gli episodi ci viene ritratta come la vittima, sia nel passato che nel presente.
E qui che la mia mente vispa ha sussultato: come ha potuto una ragazza abbandonata dal padre, stuprata ripetutamente e messa in cinta, conservare in età adulta l’autocontrollo? Ci doveva essere stata una reazione violenta a controbilanciare. Avevo capito da tempo come fosse colpevole della morte del bambino, e ritenevo anche del cane?!, ma non avevo inserito nell’equazione il valore assoluto del profumo. Avevo visto il meraviglioso film del 2006 con Ben Whishaw, ma non l’ho collegato…
Amori disperati, come quelli di Nadja per Grunberg, che si contrappongo ad amori di esteti-scienziati che non vogliono altro che il profumo per farsi amare incondizionatamente. Una doppia visione del dolore che affonda nel cuore, già sanguinante, dello spettatore.
Chi ha estratto il profumo dalle tre donne? La rivelazione finale è l’unica difetto di questa serie: è dannatamente interessante ma non viene introdotta adeguatamente nelle puntate precedenti. Ma non stona, appare solo fiacca. Ciò che conta è comprendere come quelle vittime siano servite per creare un profumo che ci faccia amare da tutti, proprio come fece Jean Baptsite Grenouille. Nelle ultime scene assistiamo alla follia di Nadja che uccide l’assassino solo per strappargli di mano il Profumo,per mantenere il segreto e per usarlo su Grunberg, che l’aveva lasciata brutalmente.
<<Cosa mi stai facendo>> le dice l’uomo smarrito mentre non riesce a smettere di baciarla. Nadja Simon ha ottenuto quello che ha sempre voluto, ma a quale prezzo? A questa rivelazione la storia ti fa l’occhiolino e ti suggerisce di ripensare a gli avvenimenti precedenti: Helena ha usato quel profumo per anni, Nadja l’ha usato con successo e sappiamo come Moritz fece con Katharina almeno venti trattamenti. Era questo il segreto del fascino irresistibile della libidinosa artista trovata morta?
Ai miei occhi, Katharina ricopre il ruolo di Grenouille nel romanzo. Si fa desiderare e per il disprezzo verso l’umanità si fa sbranare da quegli stessi che l’hanno idolatrata.
Avete altri dubbi? Non fatevi domande e fatevi sopraffare dal Profumo dell’inganno, dal Profumo dell’Amore.
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