(E.ROTH,2015)
A MIO PARERE, l’Arte può diventare politica ma la politica non può diventare arte. E quando succede, la mia coscienza piange perché mi immagino la sacra e meravigliosa Dea rantolare per terra sputando sangue.
Kaghemusha, perché ci annoi con questi discorsi?
Dovete comprendere in quale misura mi abbia disgustato “Knock knock”, film del 2015 con la regia di Eli Roth. Potrei parlarvi della scarsa fattura tecnica, della pochezza di scrittura e della recitazione scadente di un Keanu Reeves mai così svogliato. Potrei esplorare tutte queste dinamiche che però sono comuni in film di Genere e del genere.
Lo sappiamo tutti, questi sono prodotti fatti per “intrattenere” gli spettatori, far incassare i dollaroni e pubblicizzare le persone coinvolte. Ma questa volta si va oltre con il messaggio politico. La storia parla di due ragazze che si fanno invitare a casa di un padre di famiglia. Lo seducono sessualmente per poi rovinargli la vita, per il peccato del tradimento.
Questa roba puzza di femminismo, quello becero, quello che sta marcendo in frigo da settimane e che vuoi spacciare come fresco. Non è neanche una questione di provocazione perché, come i produttori sottolineano, questo letamaio sarebbe la degna continuazione di “Funny games” e soprattutto di “Arancia Meccanica”.
Soprassediamo sopra Kubrick ma anche con Funny games non ha nulla da spartire. Funny games è una stronzatona senza arte né parte che non si prende mai sul serio. Knock knock invece lo fa per tutto il secondo tempo. Il problema della trama non è il piano delle due ragazze folli, non è il come (nonostante una sceneggiatura agghiacciande) ma è il PERCHE’.
Le loro motivazioni non sono esplorate. Ad un certo punto ho pensato che avessero subito violenza da bambine e per questo fossero ossessionate dai “pedofili”, almeno nella loro personalissima interpretazione dove pedofilia significa attività sessuale. Avrei giustificato il tutto se Evan, il personaggio di Keanu, avesse abusato dei suoi figli, se avesse picchiato la moglie. Avrei storto il naso per la faciloneria narrativa ma avrei compreso. Ma non è così.
Durante la visione mi sono sentito davanti a quelle recite brutte di paese dove si ci accanisce con disprezzo su un ruolo o una situazione. Mi sono sentito come Arya Stark davanti allo spettacolo teatrale dove viene sbeffeggiato suo padre morto Ned Stark.
Il culmine arriva nella scena in cui Evan è legato alla sedia e c’è il gioco a premi. Retoricamente le ragazze non ne escono mai vincenti e la loro migliore tesi è “noi abbiamo ragione perché si”. Sembrano delle pazze e non credo che questo fosse l’intento del film. E se le ragazze sono dei casi psichiatrici, Evan è LO STEREOTIPO dell’ometto, sogno erotico perverso delle donnette passivo aggressive: debole, schiavo del sesso, senza personalità, impacciato e idiota.
Rispetto a lui il John Snow dell’8 stagione di Game of Thrones è Terminator. L’interpretazione di Keanu Reeves è intenzionalmente mono dimensionale, per distaccarsi dal progetto ed affermare come sia stato un lavoro senza artisticità. Non c’è altra spiegazione.
La visione finisce e cosa rimane? Non la critica che ti porta a riflettere su te stesso e i tuoi limiti, ma solamente il vuoto. Il vuoto di aver assistito ad un’ora e 40 minuti di un Rutto femminista senza senso. E quando rifletti sul fatto che questa scoreggia cinematica ha incassato 36 milioni di dollari e che nessuno ha aperto bocca su questo scempio, ti fai delle domande sulla persone che ti stanno attorno.
Chiudo su una provocazione: se nella storia fossero stati invertiti i ruoli: una madre di famiglia si fa sedurre da due giovani e aitanti giovani che poi la condannano e le rovinano la vita accusandola di reati sessuali. Quale cataclisma mediatico avrebbe portato? Non oso immaginarlo. Decreti leggi, petizioni, dibattiti politici,social impazziti. Insomma, l’apocalisse.
Come maschio, individuo senziente ed essere umano sono disgustato.
Profondamente.
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