(E.PUGLIELLI)
Non è il film che mi aspettavo. La prima volta che vidi il trailer mi sfregai le mani soddisfatto: una pezzottata Marvel cinecomic made in italy…un sogno erotico che si realizzava. Ma la visione in sala mi ha sorpreso, c’era un ingrediente segreto che ha cambiato le carte in tavola.
Di per sé, la storia è di un cinecomic, con tutte le fasi dell’eroe: la scoperta dei poteri, l’entusiasmo di usarli, la morte di una persona cara, l’abbandono dei poteri, la presa di coscienza con il ritorno all’azione e infine la vittoria sul cattivone. Ma Puglielli e i quattro sceneggiatori sono stati molto bravi, o molto fortunati , perché hanno trattato il tema da un punto di vista molto specifico: la nostalgia.
Forse è insita la beffa verso il genere americano che spopola nel mondo da più di dieci anni? In ogni caso questo eleva, in modo facilone a mio dire, i contenuti banalmente banali della storia. Il protagonista Anselmo(Luca Argentero) è “un mongoloide”, un’escluso della società. Ricorda evidentemente Forrest Gump. Argentero stesso storpia i gesti e la voce di Tom Hanks in uno dei picchi più alti della carriera dell’attore californiano.
Il riferimento è palese, manifesto…evidente!
Di conseguenza anche in Copperman c’è una “Jenny”, ovvero Titti, anche lei scappata dalla campagna bucolica e ritornata in paese dopo essere stata corrotta nell’anima dalla città. Sul fondo della vicenda di Anselmo Gump si intrecciano le vicende della versione striminzita di Spiderman. Se esteriormente Copperman, il supereroe da cui Anselmo si traveste, assomiglia più ad un Iron Man(la scena finale lo indica chiaramente) la sua psicologia però ci porta al nostro”amichevole uomo ragno di quartiere”.
Copperman si comporta come Peter Parker, combatte i soprusi del suo quartiere con il sorriso sulle labbra. E’ vero che manca la componente “battute a raffica”, anche se la sceneggiatura prova ad inserire qualche gag non vanno mai fino in fondo perché sennò snaturerebbero il personaggio ideato alla base. Questa presa di posizione degli sceneggiatori comporta una certa competenza professionale.
Lo spettatore ride e piange perché i due filoni(Forrest Gump e Spiderman) di per sé sarebbero contraddittori ma amalgamati nel modo giusto possono supportarsi a vicenda. Per esempio Copperman salva una prostituta e in cambio del suo aiuto lei gli si vorrebbe concedere sessualmente ma lui risponde con un “sono astemio”. Sono divertenti queste reazioni ingenue davanti ad un mondo cinico e lurido.
La sfumatura che più mi ha commosso di Anselmo Gump Spider è il suo rapporto con la figlia di Titty. Non tratta la bambina come un adulto ma come una coetanea, perché rivede in lei la madre, quella bambina che quindici anni prima riempiva la sua vita.
La narrazione risulta tipica nel voice over di un protagonista che possiede lo sguardo del bambino, che si innamora del mondo per come si presenta. A fronteggiare questa utopia si contrappone il villain Ernesto; uno stupratore, un ladro, un assassino, uno psicopatico, un maniaco del controllo.
Gianluca Gobbi è bravissimo nel rendersi veracemente disgustoso e diventa il simbolo del male che se viene scacciato ma non distrutto, tornerà per fare ancora più danni senza pietà. La fotografia è il miglior aspetto di questa pellicola: è cupa e si scontra con l’innocenza del suo protagonista, come per ricordare continuamente allo spettatore come la beata innocenza sia solo negli occhi di Anselmo Gump Spider. La regia accompagna la fotografia, e non il contrario!, con un ottimo lavoro di chiarezza narrativa.
Sulla recitazione voglio iniziare su Luca Argentero. E’ il meno bravo del film, non perché non si sia impegnato ma perché banalmente è l’unico non attore. Ripeto, ci ha provato con tutta l’anima e bisogna premiarlo per l’impegno ma è bene che il buon Luca concentri le sue attenzioni ai provini di fiction, dove certamente spiccherebbe.
Speriamo non troppo, altrimenti lo chiamano nuovamente per fare altri film.
I veri attori in scena sono tutti i bravi, dal già citato Gianluca Gobbi per passare a Galatea Ranzi, ma il migliore è sicuramente Tommaso Ragno, i suoi occhi raccontano il personaggio del fabbro senza mai dire più di quattro parole. E’ uno dei solidi cardini su cui si basa la trama.
In definitiva, nonostante le mezze lodi fatte, il film non mi ha emozionato più di tanto. Mi ha stupito positivamente ma mi ha scaldato il cuore solo nel 10% della scene. Personalmente ritengo che l’idea di diventare un vigilante su dei pattini a rotelle per una ragione sconosciuta non sia un fondamento accettabile.
Paradossalmente razionalizzo e giustifico come la mente di un giovane Bruce Wayne possa impazzire costringendolo ad indossare un costume a forma di pipistrello, posso comprendere perché un Peter Parker senta il dovere morale di salvare il quartiere dove è vissuto dopo aver ottenuto poteri sovrannaturali, ma non posso accettare che un bambinone che ha sempre vissuto con la madre e che è cresciuto a fumetti si svegli una mattina e decida “di salvare il mondo”. Non lo trovo credibile, tutto qua.
Comunque “Copperman” è un film degno di essere definito cinematografico ma nulla di più.
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