(BODEN-FLECK,2019)
A circa un mese da “Avengers, end game” ci viene introdotto il personaggio di Carol Danvers, il deus ex machina chiamato in causa da Nick Fury nei titoli di coda di Infinity war. E’ opportuno dirvi come io detesti il genere cinecomic, ma non i supereroi. Quindi aborro il modo in cui queste storie vengono scritte, che sembrano uscite da una catena di montaggio. Se Avengers infinity war non mi ha fatto alcuna impressione, paradossalmente ha gettato le basi per progetti futuri a cui voglio dare fiducia. Captain Marvel è uno di questi!
Voglio iniziare sullo lo sforzo degli sceneggiatori di far partire la storia in medias res. Da sei anni Carol è stata allevata dai Kree, una razzia aliena. Il suo mentore Yon-Rogg, interpretato da Jude Law, l’ha chiamata Vers e l’ha addestra nell’arte del combattimento corpo a corpo. Evidentemente il riferimento è al mondo orientale delle arti marziali, dove la disciplina e la ragione estromettono le emozioni ma Carol sogna il suo passato umano. Questa dovrebbe essere la spinta della storia ma gli sceneggiatori si sono accorti di quanto fosse debole. Così hanno intrecciato la volontà della protagonista con le necessità di trama.
Gli skrull catturano Carol, cercando delle informazioni del suo passato che poi li porteranno sulla terra. Così lei li insegue. Comunque debole, ma almeno credibile. Ho veramente apprezzato la scelta di distaccarsi dalle famose tre fasi del cinecomic; scoperta dei poteri, messa in dubbio dei poteri, consapevolezza finale e grandi mazzate.
In parte lo si fa anche qui ma almeno si è tentato un approccio iniziale differente. Anche perché il passato di Captain Marvel viene mostrato ma non con il solito spiegone messo a forza. Ho anche apprezzato il twist in cui i ruoli dei buoni e i cattivi vengano rovesciati. Certo, soluzioni usurate ma assolutamente originali per quanto concerne l’MCU.
Gli skrull vengono dipinti come le vittime dello sterminio da parte dei Kree che li inseguono e che vogliono privarli di una casa. Non so voi, ma mi hanno ricordato quel tale popolo a cui hanno dato un paese già occupato dopo la seconda guerra mondiale. Mi sbaglierò ma mi è sembrata un’apologia politicizzata bella e buona. Politicizzazione o meno, è sicuramente il pretesto per elevare la trama e spingere a chiedersi quale sia il reale prezzo della guerra.
Il primo tempo è interessante e si respira l’aria del complotto, nonostante un’ironia facilona ma ben contestualizzata. La regia non brilla ma accompagna decentemente l’azione. Il secondo tempo cade nel cliché ed iniziano le “grandi mazzate” che non portano avanti la storia e che strappano sorrisi per improbabili musiche pop.
Mi ha deluso la scelta di ambientare gran parte dello scontro finale sulla navicella invisibile di capitan Mar-vell(nella versione cinematografica una donna…perché?). Il tutto è stagnante e noioso, si sarebbe potuto combattere nello spazio o su un altro pianeta. Non penso che abbiano problemi di budjet…
Diciamoci la verità: Brie Larson è brava, ma non bravissima, e recita come la somma di Chris Evans+Scarlett Johansoon+Elizabeth Olsen. Finalmente dopo tanto tempo un personaggio del MCU che percepiamo vivo, l’ultimo era stato il Doctor Strange di Benedict Cumberbatch. Il problema è che il personaggio è over power, come Superman, e così si cade inevitabilmente nel trash.
La nostra Carol mena tutti con una semplicità imbarazzante, ferma dei missili in orbita senza neanche sudare. Comprendo che per battere Thanos serva un eroe potente ma forse in questo film d’origine si poteva abbassare il tiro. Anche perché si apre la solita controversa questione: se Captain Marvel è così potente perché non è intervenuta prima?
La recitazione nel complessivo è sufficiente, anche perché la sceneggiatura si impegna a delineare tutti i personaggi, a parte i Kree che devono essere necessariamente “i cattivi” senza sfumature.
Il ruolo di comic relief di Samuel L.Jackson non mi ha infastidito perché tutto sommato è ben contestualizzato. Applausi a scena aperta per il gatto Goose.
Tiriamo le somme: il lato tecnico latita ma la sceneggiatura delinea molto bene le relazioni fra i personaggi piucché gli eventi senza fantasia. Brie Larson conquista sempre l’attenzione dello spettatore, gli effetti speciali sono nella media. Il film si lascia guardare senza problemi.
Per quello che riguarda il mio gusto, il film è promosso con debiti. Si è lavorato sui personaggi, il che è sempre gradito, ma mi aspetto di più da un genere popolare che urla come un pescivendolo, a cui regalano oscar immeritati, per fargli ottenere dignità e legittimazione artistica.
“Avengers, end game” ti aspetto al varco!
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