Nel quarto episodio viene approfondito il tema più emblematico: il cambio della custodia. Cosa succede come nell’inizio del primo episodio, quando lo Stato fa rivivere i tuoi cari in custodie diverse dall’originale?
Ortega in questa puntata vuole invitare alla festa di Halloween anche la nonna morta, che però non possiede più un corpo. Allora trapianta la IDU di lei nella prima custodia disponibile, in quella di un criminale punk. Le scene seguenti mettono i brividi: vediamo una mente in un corpo che non la rappresenta, e se all’inizio c’è euforia per la novità, molto presto si passa alla rassegnazione di voler rimanere morti piuttosto che vivere un esistenza rotta.
Nel quinto episodio la vicenda non si evolve ed esplicitano le nuove dinamiche. In primis, mettono in campo la vicenda di Ryker: scopriamo che il compagno di Ortega è stato arrestato e condannato per centinaia di anni di reclusione per reati di alterazioni delle pile IDU. Nella serie Netflix “accusa” Ryker di crimini che può legare meglio alla storia principale, per esempio alla scomparsa di Lou Mary Henchy, mentre nel romanzo il collegamento è più blando e di sottofondo.
Ortega interroga Dimi the twins ma questi non confessa e si comprende come sia al soldo di un Mat…e poi arriva lui, quel maledettissimo Ghostwalker. Intendiamoci, il personaggio di per sé mi convince ma il problema è la sua funzione narrativa. Ghostwalker viene soprannominato così perché, al pari di Makishima in Psyco pass, riesce a risultare invisibile agli occhi delle telecamere.
Si pone come una sorta di Mr.smith di Matrix in versione orientaleLibera Dimi the twins, uccide Samir e lascia in fin di vita Ortega. Registicamente la scena è notevole, il colpo di scena è inaspettato.
Nell’episodio successivo Kovacs e Ortega dovranno combattere in un bettola di arena di periferia, una fogna dove si paga per vedere le V.M, le vere morti, ovvero le distruzioni delle pile IDU. Il combattimento è meraviglioso, le coreografie, i colori spenti e decadenti, il senso di vivo squallore che il sangue versato suscita.
Infine arriva lei, sapete di chi sto parlando, esattamente, si non potete sbagliarvi…proprio Reileen Kawahara! Con una katana in mano affetta tutti gli aggressori e salva la vita di Kovacs che la riconosce e la chiama “sorella”…
Il signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni progetto concepito dal suo cuore non era altro che male…
Nel romanzo Reileen Kawahara è un personaggio fondamentale ma non ha nulla a che fare con quello della serie tv. In questo senso, la Reileen Kawahara della serie sta a Mave come Altered carbon sta a Westworld seconda stagione. Kawahara spezza irrimediabilmente la coerenza che fino a quel momento si era creata. E l’ho capito già dagli ultimi minuti del sesto episodio, quando ancora non apre bocca. Nel 2384 qualcuno usa ancora la katana quando puoi sparare con armi di un livello tecnologico inimmaginabile? Certo, volevano farci unire i puntini e farci arrivare a “sono fratelli, lui è giapponese quindi lei usa la katana.
I giapponesi non usano sempre la katana? Si, infatti, spesso mangiano con la lama invece di usare le bacchette. E anche a letto se la infilano nel c**o a vicenda”.
Nella settima puntata cercano di aggiustare il tiro, di giustificare quella scelta sciagurata. Devo dire che se la cavano bene perché tengono alta l’attenzione dello spettatore con flashback, ovviamente inesistenti nel romanzo.
Se devi tradire vai fino in fondo…
Mostrano gli ultimi pezzi del grande puzzle chiamato “Envoy”, in italiano Spedi, ovvero quella fazione di terroristi a cui Kovacs e Kawahara appartenevano e il cui capo era Quellcrist Falconer.
Una Falconer, che già che ci siamo, si scopre essere l’inventrice della pila IDU, uno strumento che è stato sfruttato dal sistema, non per nobili scopi pseudo socialisti ma solo per legittimare una classe di arroganti fascisti, i Mat. Per queste ragioni l’indomita inventrice combatte il sistema, per ripristinare la morte come termine ultimo e dignitoso di un’esistenza umana!!!
Qualche altro stereotipo, Netflix?
Nel romanzo invece si narra semplicemente l’abc del modello noir: un investigatore privato viene ingaggiato da un uomo facoltoso per indagare su un omicidio e nel percorso, nonostante non si fidi di nessuno, rischia la pelle ad ogni angolo perché si compromette con individui poco raccomandabili.
Era così difficile, Netflix?
Quindi Reileen Kawahara, una Mat, è la sorella di Takeschi Kovacs, il quale al momento sta indossando la custodia di Ryker, il compagno di Kystin Ortega. Ci siamo tutti? Perfetto. E noi spettatori esperti, sappiamo cosa succede quando inserisci a forza un villain che è un familiare del protagonista? Lo volete dire voi, no, dai lo faccio io.
FINISCE TUTTO A’MMERDA!
E cosa dovrei aggiungere? Le ultime tre puntate ricalcano i passaggi narrativi del romanzo ma tradendone gli intenti dell’opera. Perché R.Morgan in un’intervista afferma chiaramente che:<<…mi pareva semplicemente ingiusto soffrire senza la memoria dei crimini commessi>>. Lo scrittore ha modellato Altered carbon per mostrare come anche le divinità debbano pagare per le proprie colpe, con riferimento a Laurens Bancroft. Invece nella serie tv il centro risulta il rapporto maniacale fra fratello e sorella, e a mio parere con inclinazioni sessuali evidenti da parte di lei.
Quindi il triangolo non bastava, siamo passati al quadrato!
Ma non è tutto da buttare: la riabilitazione psicologia di Lizzie è avvenuta con successo e la ragazza da prostituta indifesa è diventa un terminator da guerra. Ho apprezzato questo sviluppo inaspettato di un personaggio secondario. E poi c’è una delle più belle scene delle serie, assente nel romanzo: la lotta all’ultimo sangue fra Krystin Ortega e le custodie di Kawahara. Scenograficamente mi ha ricordato il videogioco Deus ex machina-human revolution.
Nel decimo e ultimo episodio ci sono le ultime due bestemmie, gli ultimi fuochi… R.Morgan, sempre nella stessa intervista, spiega come:<<…credo si capisca dal libro che ho sviluppato un’autentica simpatia per Myriam Bancroft come personaggio, nonostante le sue ovvie colpe>>.
Lo scrittore si riferisce al pestaggio ai danni di Leila Begin con il conseguente decesso del feto che la donna aspettava in grembo. Miriam era gelosa delle scappattele, e della gravidanze casuali, del marito e si vendicò della prostituta. Tutto venne messo a tacere grazie a un proficuo accordo economico.
Netflix ha preso la palla al balzo e da buon avvoltoio ha contraffatto la storia in una sorta di propaganda socialfemminista, decisamente molto attuale. Ha sostituito il ruolo di Leila Begin con quello di Lizzie Elliot e ha fatto in modo che nel finale della serie Miriam Bancroft, esponente alto borghese, venisse arrestata per l’aggressione.
A prescindere dalla sostituzione dei personaggi, nella serie tv si rende l’aggressione di Lizzie Elliot un anello fondamentale del mistero quando nel romanzo quella di Leila Begin è un dato appurato che non ha connessione con la trama. Nell’ultimo episodio Myriam Bancroft viene arrestata.
Inoltre durante la tortura nella realtà virtuale, nel quarto episodio, cancellano qualunque aspetto dello stupro che Kovacs subisce nella custodia femminile che è costretto ad indossare(“…Un ferro inserito nella vagina. Il dolore. L’umiliazione. I danni.” cit p.169), perché nella serie Kovacs mantiene la sua custodia.
L’ultima bestemmia è la volontà di rendere Altered carbon un prodotto televisivo dalle due e più stagioni. Kovacs abbandona la custodia di Ryker per donarla ad Ortega e si lancia alla ricerca della pila corticale di Quellcrist Falconer, miracolosamente viva! Avrete intuito che il romanzo è autoconclusivo e che Falconer è bella che cadavere…
Voglio concludere sul rapporto fra Takeshi Kovacs e Laurens Bancroft.
Sulla falsa riga delle tematiche centrali, la serie tv ricalca il profilo psicolgico del Bancroft romanzesco ma con approfondimenti ulteriori. Netflix avvolge il personaggio interpretato da James Purefoy di un’aura crepuscolare e divina nel medesimo. E’ un uomo immortale, per via delle decine di custodie di sé stesso, che possiede il presente e il futuro dell’universo.
Ma è innamorato del passato, dell’epoca primitiva in cui è nato, priva di quelle tecnologie. Il Laurens Bancroft della serie tv è un dio dagli appetiti umani che soffre di spleen, di noia. Per questo frequenta bordelli dove può sfogare la frustrazione di non essere giudicato nemmeno da dio. Perché “Dio è morto”, secondo le sue parole e citando il “solito” Nietzche.
Bancorft vuole sottomettere gli ultimi residui del passato storico, per questo ha scelto un Envoy, uno Spedi, per indagare sul caso. Ha selezionato una figura anarchica e leggendaria rimasta nel ghiaccio per più di duecento anni. E Kovacs, nella serie, morde con le parole, osa fronteggiare il suo sguardo, lo minaccia più volte di ritornare sotto ghiaccio piuttosto che essere usato come un giocattolo. Questo è cambiamento radicale rispetto al romanzo, dove il protagonista è più feroce, subdolo e meno “bullo” all’americana.
Quel che conta è il piacere di vederli fronteggiare; da una parte una divinità attratta dal fango, dall’altra un’anina perduta, ma non spezzata, con potenzialità divine che cerca solo la verità delle cose. Bancroft gli riconosce questi talenti e tutto il loro rapporto si racchiude in uno scambio di battute all’inizio del secondo episodio:
BANCROFT: Just be clear, if i’ll die, you’ll back on ice. If you don’t solve this quickly enough you got on ice
KOVACS: All this trust let me tear up.(Pause) Don’t threat me again!
BANCROFT: I’m not sure if I’m enjoying your tone.
KOVACS: You have to used with it. I need to access in what you don’t want to gave and I will find answers that you don’t think to thank one. You want to work for you, I’m working for you.(Pause)You want my respect? It’s long to come by. If you don’t like it, you can just pull me back on ice right now.
BANCROFT:I admire man looking out of the edge without flinching. I will make a Mat of you, yeah.
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